Cultura

A scuola di recitazione con Francesco Fario

Francesco Fario

Avete mai pensato di recitare o magari di diventare un regista? Noi l’abbiamo chiesto a Francesco Fario, ragazzo romano di 29 anni.

Per prima cosa vi presentiamo Francesco e capirete perché è riuscito a conquistarci.

A 14 anni, ad un corso di recitazione fatto a scuola, l’insegnante (e regista) decide di investire su di lui e gli fa da “manager”: per quattro anni lo porta in giro per i teatri della capitale, mettendolo alla prova in diverse parti e ruoli sul palco, compreso qualche saltuaria comparsa al cinema.

Occupa piano piano diversi ruoli contemporaneamente in diverse compagnie, compresa una napoletana.

Mentre si diploma, studia anche in una scuola di recitazione ciò che la pratica non può insegnargli. A 18 anni si sente pronto e prova a dirigere per la sua prima volta: ci riesce e gli piace.

Oggi, dopo essersi laureato, continua a recitare, dirigere e saltuariamente si prodiga come actor coach; insegna a chi non ha mai recitato, sia privatamente che in qualche scuola di recitazione quando viene interpellato.

Abbiamo scambiato quattro parole con lui chiedendo come si diventa attori.

“Domanda strana. Un po’ come chiedere “come si diventa madre”: non esiste una sola strada. Ognuno sceglie la sua. In ogni caso, servono tre ingredienti comunque per intraprendere la carriera attoriale, per lo meno secondo me: impegno, passione e un’umile intraprendenza. L’ultimo non è un ossimoro, ma l’ingrediente più dififcile da creare: un’abile e attiva solerzia che deve accostarsi a una dose di rispetto e semplice modestia. Mai essere troppo remissivi, ma mai lasciarsi prendere dalla superbia. Un attore troppo remissivo è un attore che non cresce; così come uno arrogante che non scende a compromessi. Sono caratteristiche che si ottengono con il tempo ed esternamente dal palco”.

Quando è consigliabile iniziare a studiare recitazione e dove, come per esempio  è meglio studiare recitazione in una scuola o in un istituto d’arte?

“Anche in questo esistono diverse alternative. Alcuni ritengono che sia importante iniziare da subito, da bambini. Io non credo sia così: la recitazione non è la danza. L’inizio più florido, più vero e sincero, a mio avviso, è nel post-adolescenza, quindi tra i 18 e i 20 anni. Si sta capendo chi si è, ci si costruisce e parte dell’infanzia è passata. La recitazione è un ottimo strumento per parlare con se stessi: fa mettere in gioco e aiuta a capire meglio il mondo che ci circonda. Alcuni consigliano la ‘gavetta’ e l’esperienza sul campo, altri le accademie. Io, per esperienza personale, credo siano necessarie entrambe. Mi spiego meglio: non è banale come sembra. Non esiste prima esperienza migliore di quella fatta nel mondo amatoriale. Si impara ciò che non si vede nelle recite scolastiche. Si scopre l’importanza di alcuni colleghi: in ogni compagnia c’è qualcuno con maggiore esperienza che dà una mano a chi è alle prime armi. L’emozione di recitare a un pubblico che non è lì solo per te (per farti un favore o legami famigliari) inizia ad essere diversa. Si scoprono copioni e parti che nessun manuale ti racconta e si capisce quanto le prove siano più divertenti dello spettacolo stesso.
Quando però si vuole passare a un livello successivo, bisogna cercare un’altra strada, più ‘infiocchettata’ ma fondamentale. La dizione, il movimento scenico, l’impostazione della voce, i vari metodi d’immedesimazione, la narrazione, la lettura interpretata: questo e molto altro s’imparano solo nelle scuole di recitazione e accademie.Partire da queste non è sbagliato, ma è più difficile”.

 

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *