Massimo Zamboni: un disco, un libro e anche un film
Massimo Zamboni, un nuovo lavoro: La Macchia Mongolica che è un disco, ma anche un libro e un film
Dopo l’ideale ritorno nella Berlino dei primi anni ’80 del precedente Sonata a Kreuzberg, Massimo Zamboni compie un nuovo viaggio.
Un viaggio verso un luogo stavolta segnato da un tempo senza tempo, in cui passato ancestrale, passato recente, presente e futuro si ritrovano sullo stesso orizzonte.
A oltre venti anni di distanza, Zamboni torna in quella Mongolia che aveva visitato insieme alla moglie e a Giovanni Lindo Ferretti; il viaggio che aveva ispirato il terzo e ultimo disco dei CSI, Tabula Rasa Elettrificata.
In quella terra mitica, resa immortale dalle gesta di Gengis Khan, attraversata da Marco Polo, conquistata dalla Russia sovietica; il musicista aveva scoperto un’appartenenza ancestrale, pari solo a quella dei boschi emiliani.
E aveva scoperto, per la prima volta nella sua vita, il desiderio di avere un figlio.
Caterina nascerà due anni dopo, con una macchia inequivocabile: un piccolo livido destinato a scomparire nel tempo, la cosiddetta macchia mongolica, un segno che caratterizza oltre il 90% dei neonati mongoli e pochi altri al mondo.
Questo segno sancirà in lei (e in Zamboni) l’appartenenza a due mondi spirituali e fisici, l’Emilia dei padri e la Mongolia del desiderio. Compiuti i diciotto anni, Caterina vuole andare in Mongolia, come se volesse tornare a casa.
La Macchia Mongolica è l’anima musicale di questo nuovo viaggio (prima tutti insieme, poi Caterina da sola) che Zamboni plasma in 13 tracce quasi interamente strumentali, da lui composte e suonate insieme a Cristiano Roversi e a Simone Beneventi.
Le chitarre di Massimo Zamboni a volte dolci e placide, altre volte taglienti e acide, a tratti con virate psichedeliche, incontrano le percussioni sciamaniche di Simone e i bassi avvolgenti di Cristiano in un disco che ha una natura cerimoniale e rituale.
Fra animali mitologici, leggende antichissime, paesaggi che diventano luoghi dello spirito, il disco di Zamboni è la colonna sonora di un’immersione spirituale; di un’indagine sull’Altrove che è in noi, di un’esplorazione necessaria tra le stanze della memoria più intima.
La Macchia Mongolica è anche un libro, scritto insieme a Caterina Zamboni Russia; ma anche un film diretto da Piergiorgio Casotti.