Neomamme a un bivio: lavoro o famiglia?
Tornare al lavoro dopo essere diventate mamme non è facile. Non sempre si hanno i nonni a disposizione. Quindi conciliare la carriera con la famiglia significa spesso dover pagare una babysitter o un asilo nido, i cui costi sono alti e magari non alla portata di tutti. Il più delle volte poi il luogo di lavoro dista parecchio da casa e non sempre il datore di lavoro è disponibile a concedere il part-time.
Quindi tante mamme si chiedono: “Varrà la pena? O sarebbe meglio se a casa con il mio bambino ci rimanessi io?”.
Per molte la scelta di lasciare il lavoro per dedicarsi alla famiglia è una scelta obbligata una volta esauriti ferie e permessi per il congedo parentale. Questa situazione purtroppo è comune a tante mamme italiane, da nord a sud.
Infatti, secondo una ricerca eseguita dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel 2016 le donne che dopo aver partorito il proprio figlio hanno rassegnato le proprie dimissioni, adducendo quale motivazione la difficoltà di conciliare il lavoro con la nuova vita da mamma, sono state più di 24.000.
Il nostro ordinamento prevede tuttavia una tutela particolare per le neomamme che decidono di lasciare il lavoro entro il primo anno di vita del bambino.
Innanzitutto le dimissioni NON devono essere presentate telematicamente. Vanno consegnate all’ufficio territoriale del servizio ispettivo del Ministero del Lavoro. Una volta verificato che la lavoratrice è perfettamente consapevole di quello a cui sta andando incontro e che le dimissioni non sono state dunque estorte, procede con la loro convalida.
Inoltre, non è necessario che la lavoratrice dia alcun preavviso al datore di lavoro.
Le neomamme che si dimettono hanno poi diritto a percepire l’indennità Naspi. Purché abbiano almeno 13 mesi di contribuzione nell’ultimo quadriennio e almeno 30 giornate di lavoro effettivo nell’anno precedente.
Per non perdere il diritto a questa indennità, tuttavia, devono inoltrare la relativa domanda e dichiarare l’immediata disponibilità ad un nuovo lavoro. Al pari di tutti coloro che percepiscono l’indennità di disoccupazione.
Fabiola Caccialanza