Paralisi cerebrale infantile
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Paralisi cerebrale infantile

Paralisi cerebrale infantile

Prima della nascita di un figlio sono molte le decisioni da prendere: il ginecologo a cui affidarsi, l’ospedale in cui farlo nascere, a quale test di screening prenatale sottoporsi, valutare la conservazione staminali ovvero le cellule presenti nel sangue del cordone ombelicale.

L’efficacia dell’impiego delle cellule staminali cordonali nel trattamento di diverse patologie è confermata da numerosi studi scientifici.

È da più di 20 anni che il sangue del cordone ombelicale è utilizzato come fonte di cellule staminali ematopoietiche per il trapianto allogenico nel trattamento di patologie come: la leucemia, il linfoma, la talassemia, e altri deficit del sistema immunitario e malattie metaboliche.

L’utilizzo delle cellule staminali è disciplinato dal Decreto Ministeriale del 18 novembre 2008. 

Oggi, le cellule staminali cordonali sono impiegate anche per il trattamento di patologie non oncoematologiche.

Per esempio, nelle malattie neurologiche, fra le quali la paralisi cerebrale infantile (PCI), recenti evidenze hanno mostrano risultati positivi.Paralisi cerebrale infantile

La Paralisi Cerebrale Infantile è una patologia che si manifesta come un insieme di disturbi neurologici persistenti della postura e del movimento, dovuti a una lesione del sistema nervoso centrale.

Le cause del danno neurologico possono essere diverse:

  • malattie genetiche, 
  • emboli, 
  • emorragie, 
  • mancanza di ossigeno al sistema nervoso centrale.

Inoltre, possono manifestarsi in diversi periodi della vita del neonato/bambino.

L’incidenza della Paralisi Cerebrale Infantile in Italia è di 2-3 bambini su 1.000 nati e ogni anno, circa 1.000 bambini sviluppano una PCI.

Il trattamento della PCI è fatto, di solito, attraverso: terapie farmacologiche generali o locali, sedute di logopedia per migliorare la comunicazione e la deglutizione e attraverso l’impiego di ausili, per esempio deambulatori, sistemi di postura, tripodi, e protesi, per esempio tutori e corsetti.

Infine, in alcuni casi si può ricorrere alla chirurgia.

La prima volta che le cellule staminali cordonali sono state impiegate per il trattamento della PCI è stato nel 2009.

Quasi 10 anni fa A. Jensen, professore dell’Università tedesca di Ruhr utilizzò cellule staminali autologhe, ovvero provenienti dal cordone ombelicale del bambino in cura, per riparare il danno cerebrale causato da un arresto cardiaco.

Grazie anche alla terapia riabilitativa, si è osservato progressivi miglioramenti nello sviluppo psicomotorio del bambino sottoposto al trattamento con le staminali cordonali.

Nel 2011 nel dipartimento di pediatria, Blood and Marrow Transplant del Medical Center della Duke University, una bambina di due anni affetta da PCI, è trattata con cellule staminali ottenute dal cordone ombelicale del fratello.

Nel 2013 ci è stato il caso di una bambina di tre anni, Adriana; la prima paziente italiana a essere sottoposta a un doppio trapianto di cellule staminali cordonali autologhe che erano state conservate privatamente.

Oggi il suo sviluppo cognitivo viene valutato normale.

I risultati del trattamento della PCI con le cellule staminali cordonali sono talmente incoraggianti che, proprio alla Duke University, è iniziato un trial clinico di fase II “Expanded access: umbilical Cord Blood Infusions for Children With Brain Injuries” che conta di arruolare oltre 1.000 pazienti.

E’evidente il ruolo di queste preziose cellule nel trattamento di diverse patologie.

Proprio per questo, le famiglie in attesa di un bambino possono valutare la possibilità di conservare le staminali del futuro nascituro in una biobanca. 

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