I test di screening prenatale non invasivi: a quale sottoporsi?
La gravidanza è un periodo meraviglioso e pieno di cambiamenti per la futura mamma; è quindi importante che questa possa prendersi cura del proprio benessere e quello del piccolo.
Per questo motivo è consigliato che la futura mamma si sottoponga a test di screening prenatale non invasivi o test di diagnosi prenatale.
Esistono diversi tipi di test di screening prenatale non invasivi che possono essere svolti in precisi momenti della gestazione e permettono di determinare la probabilità che il feto sia affetto o meno da anomalie genetiche.
Nel primo trimestre è possibile eseguire il Bi Test e la translucenza nucale, che solitamente vengono svolti nello stesso momento.
È possibile sottoporsi al Bi Test a partire dalla 11esima settimana, fino alla 14esima.
Attraverso questo esame, tramite un semplice prelievo di sangue periferico; è analizzato il dosaggio di due proteine, i cui valori alterati possono indicare la presenza di alcune anomalie nello sviluppo del feto.
A questa analisi del sangue viene associata un’ecografia che prende il nome di translucenza nucale, che permette di prendere una serie di misurazioni sul feto.
Queste verranno paragonate ai parametri standard e, qualora si notassero delle differenze, la madre potrà sottoporsi ad esami diagnostici invasivi per ulteriori approfondimenti.
Il Bi Test è un esame probabilistico in quanto non fornisce una diagnosi; ma solo una probabilità di rischio che il feto sia affetto da anomalie, come la Sindrome di Down, e ha affidabilità di circa l’85%.
Già a partire dalla decima settimana di gravidanza è possibile svolgere un altro test prenatale non invasivo, il test del DNA fetale.
Anche questo esame è svolto su un campione di sangue della gestante, che sarà analizzato tramite macchinari di ultima generazione, per rilevare i frammenti di DNA fetale all’interno del campione di sangue materno.
Questo test di screening prenatale non invasivo ha una sensibilità molto alta ed ha un tasso di affidabilità del 99,9% nel rilevare le principali anomalie cromosomiche.
Un altro test di screening prenatale è il Tri Test, che è possibile svolgere più tardivamente, tra la 15esima e la 18esima settimana di gestazione. Come il Bi Test, anche questo esame combina un’analisi del sangue con un esame ecografico.
Nel sangue materno sono analizzati i valori di tre sostanze: l’alfafetoproteina (AFP), l’estriolo non coniugato e la gonadotropina corionica.
Infine, l’esame ecografico sul feto, permette di avere un quadro completo sulla possibile presenza di difetti dello sviluppo quale la spina bifida.
Variante di questo esame, il Quadri Test, permette la misurazione nel sangue anche dell’ormone inibina A.
Entrambi questi esami non sono di tipo diagnostico ma probabilistico e hanno affidabilità di circa il 70%.
Tutte le donne in dolce attesa dovrebbero considerare di sottoporsi a test di screening prenatale ma, in particolare, indagini prenatali approfondite sono indicate alle donne portatrici di fattori di rischio, quali ad esempio, età superiore ai 35 anni o casi di anomalie genetiche in famiglia.
Se un test di screening indica la possibile presenza di un’anomalia nel feto, sarà necessario che la donna si sottoponga ad esami di diagnosi prenatale di tipo invasivo, che saranno in grado di confermare i risultati dei test.
Il ginecologo sarà in grado di valutare lo stato di salute della gestante e consigliare il test di screening prenatale più adatto.
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