Dueventi, il primo album “How”
Dueventi sono: Davide Fasulo, Fabio Arcifa, Filippo Orefice e Meike Clarelli
In questo album di debutto l’obiettivo dei quattro musicisti del progetto Dueventi è far convivere le loro diversità; lo strumento scelto per far dialogare i loro differenti approcci alla creazione è proprio l’interrogativo che dà il titolo all’album: “How”.
Da interpretarsi anche come affermazione, ‘il come’, il modo in cui si sceglie di compiere un’azione, un atto creativo, un viaggio.
Se non si può definire lo stile del progetto, quello che ne costruisce l’identità in questo caso è il “How”; un linguaggio con cui far dialogare l’attitudine libera di strumenti acustici con gli schemi geometrici di un’elettronica tendente all’IDM.
In questa eterogeneità coesistono percorsi stilistici paralleli.
Uno di questi esprime il lato più aggressivo del progetto come “How”; delirio trap-jazz con una voce che oscilla tra l’ipnotico e l’emotivo.
Le più rudi “Struggle”, “Monkeys revenge” ed “Everything can change”, suonata da Youssef Ait Bouzza.
Un altro filo rosso unisce i brani “Everyday”, “Before”, “I left e “Haiku”, coperti di un velo onirico nelle armonie e nelle linee del canto, introspettive nei testi, lenti ed essenziali negli arrangiamenti seppure suscettibili di alterazioni di intensità e dinamica.
Sempre a metà tra tonalità chiare e scure, come a sottolineare la complessità delle emozioni, potrebbero essere rappresentati da una continua alternanza tra giorno e notte in un velocissimo time-lapse che ne sfuma i colori restituendo una rotazione delicata.
Poi ci sono brani più singolari che sembrano prendere ancora altre strade, come la celebre “Eleanor Rigby” in una versione più astratta, con lunghe pause tra una frase e l’altra per amplificarne la forza, per poi sfociare in una seconda parte più prorompente, uno sfogo incline al post rock in cui le parole “All the lonely people” acquistano un nuovo livello drammatico.
Anche “Melting frame” segue un filo tutto suo, in cui una voce malinconica complice di un beat elettronico tra il trip-hop e l’abstract hip-hop; procede circondata dai contrappunti jazz di sax, pianoforte e chitarra elettrica.
Questo è uno dei brani che ha conservato il carattere e la struttura della sua nascita, come anche “Did I know you”, un’allucinazione dub introdotta da un canto estemporaneo dei quattro musicisti.
Quasi tutti i brani di “How” sono nati da improvvisazioni effettuate in sala prove, dal vivo o in studio di registrazione.