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Fast Fashion: brusca frenata nelle vendite

Le aziende leader del fast fashion prevedono un netto calo dei ricavi post Covid19.

Era la fine degli anni ‘90, quando il nostro modo di fare shopping fu letteralmente rivoluzionato dall’affermarsi di catene fast fashion come Zara, HM e Uniqulo. Ci fu un’esplosione della domanda di abiti sempre nuovi e prezzi assolutamente economici. Da allora i marchi di produzione low cost sono stati un successo in tutto il mondo minato, una vera e propria macchina in grado di far girare l’economia alla massima velocità.

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Con il lockdown dello scorso marzo, però, la domanda è letteralmente crollata.
Nonostante alcuni brand operino anche online, i flussi di entrate per molte delle più grandi aziende del mondo sono drasticamente ridotti.

La pandemia ha scatenato una tempesta per l’intero settore del fast fashion.

Dallo scorso marzo H&M ha chiuso moltissimi punti vendita mantenendo aperti circa 50 mercati digitali online. Il colosso svedese ha dichiarato di aspettarsi gravi perdite nel secondo trimestre dopo aver registrato un calo del 46% nelle vendite di marzo sull’anno precedente. Zara ha registrato un calo delle vendite del 24. 1% nelle prime due settimane di marzo.

Sembra quindi che l’e-commerce, in tempo di pandemia, non ha dato il risultato sperato. L’incertezza del momento ha spostato le preferenze di spesa da scarpe e abbigliamento a generi di prima necessità.

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Nonostante l’industria della moda speri in un ritorno agli incassi durante la ripresa post lockdown, le proiezioni restano sconfortanti. Secondo diversi studi le vendite globali di moda diminuiranno fino al 30% nel 2020 mettendo a rischio milioni di posti di lavoro.

Sembra quindi che una lenta ripresa inizierà a vedersi solo dal 2021, con un fast fashion che sarà sicuramente rivoluzionato da questa pandemia.

 

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Federica Donati

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