Sindrome fetale alcolica
Con test di screening prenatale, quali il Bitest o il test del DNA fetale, oppure esami di diagnosi prenatale, come l’amniocentesi o la villocentesi, una futura mamma può tenere sotto controllo la salute del piccolo.
Questo però non basta per vivere una gravidanza serena. È bene che le future mamme seguano qualche accorgimento, come adottare un sano regime alimentare, non fumare ed evitare l’assunzione di alcol.
Il consumo di alcol in gravidanza può, infatti, avere gravi conseguenze per il feto e comprometterne il corretto sviluppo.
La sindrome feto-alcolica (FAS) è la disabilità permanente più grave e si manifesta quando il feto viene esposto durante la vita intrauterina a sostanze alcoliche consumate da parte della mamma.
Infatti, l’alcol assunto dalla gestante, arriva al sangue fetale in soli pochi minuti. Il feto non lo può metabolizzare in quanto privo di enzimi adatti a questo compito. Di conseguenza, l’alcol e i suoi metaboliti tossici tendono ad accumularsi nel sistema nervoso e in altri organi del feto, finendo con il danneggiarli.
Ci sono altre conseguenze che si possono verificare in seguito all’assunzione di alcol. Ad esempio anomalie nella formazione del cranio e della faccia, rallentamento della crescita, ma, anche, disturbi dello sviluppo neurologico che possono portare a disabilità comportamentali e neuro-cognitive.
La sindrome feto-alcolica può portare a disabilità primarie o secondarie.
Con disabilità primaria si intende dismorfismi facciali, ritardo nella crescita e anomalie nello sviluppo neurologico.
Le disabilità secondarie, invece, compaiono tardivamente e dipendono dalla mancata diagnosi e trattamento delle disabilità primarie.
Si tratta di problemi mentali, assenza di autonomia, esperienza scolastica negativa, problemi sul lavoro e con la legge, isolamento e comportamento sessuale non corretto.
Per valutare il consumo di alcol in una donna durante la gravidanza esistono tre metodi.
Il primo è indagare sulla storia del consumo di alcol da parte della gestante, il secondo valuta la presenza di biomarcatori del consumo alcolico materno e il terzo guarda, invece, la presenza di biomarcatori neonatali di esposizione.
Alcuni studiosi americani hanno suggerito di valutare la presenza e il valore dei seguenti biomarcatori: Acetaldeide associata al sangue intero, Volume globulare medio , Transferrina Carboidrato-carente, Gamma-Glutamiltranpeptidasi, Aspartato Aminotransferasi e Alanina Aminotransferasi.
Recenti studi scientifici dimostrano che le donne che consumano più di 30 grammi di alcol al giorno possiedono valori alterati. La positività a due o più biomarcatori può comportare ritardi nella crescita del feto.
Dottori e ginecologi ribadiscono che un accorgimento valido per prevenire la FAS è l’astinenza completa al consumo delle bevande alcoliche durante la gravidanza.
Tuttavia, ad oggi, ogni anno 199.000 bambini nel mondo nascono affetti dalla sindrome feto-alcolica.
Si tratta di un dato emerso da uno studio condotto dall’Università di Toronto e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Global Health, con lo scopo di stimare il numero di donne che consumano alcol in gravidanza, e i numeri associati allo sviluppo di FAS.
Dalla ricerca è emerso che il 10% delle donne in attesa consuma bevande alcoliche. In Europa la percentuale raggiunge addirittura il 25% con i tassi più alti in Russia e nel Regno Unito. In Italia 1 donna su 2 beve alcol in gravidanza.
Non assumere alcol durante i nove mesi di gestazione è un comportamento che ogni gestante dovrebbe adottare.
Inoltre, durante il corso della gestazione è bene eseguire una serie di accertamenti ed esami di routine.
Tra questi esami, i test di screening prenatale sono molto utili per la rilevazione di anomalie cromosomiche nel feto.
Il test del DNA fetale, ad esempio, è un esame che permette di sapere, già dalla 10° settimana di gravidanza, se il feto è affetto da un’anomalia genetica. Il test ha un’affidabilità del 99,9%.