Guido Taroni e la fotografia
A proposito di arte e bellezza: la fotografia secondo Guido Taroni
Guido Taroni è un nome arci noto nella comunità di Instagram. Le sue storie, fatte di viaggi, incontri e colonne sonore emozionanti, riempiono le giornate di quasi 90 mila followers! Io, però, sono arrivata a lui passando attraverso il mondo da cui proviene, quello dell’Arte. Sì, quella con l’A maiuscola, l‘Arte della fotografia.
Guido è un fotografo di fama internazionale, nipote di un altro grande (Giovanni Gastel), a suo agio anche di fronte all’obiettivo e alla “macchina da presa”.
È la sua fotografia che mi ha avvicinata a lui, con gli scatti di Sogni sospesi, la prima personale di un giovane fotografo che ha tanto da dire (2009). Guido immortalò gli abiti della bisnonna Carla Erba in immagini assolute, appartenenti a ogni epoca. Al contempo ci viene restituita una fotografia nitida e moderna di una delle personalità più forti dell’inizio del Novecento.
Il lavoro primo di Taroni dà il via a una carriera fatta così, cioè di una fotografia fresca e senza tempo, carica dell’eleganza silenziosa del passato e del brio vivace del contemporaneo.
Abbiamo parlato di fotografia e bellezza, proseguendo l’indagine che ho avviato qui.
Da fuori si può immaginare che l’interesse per la fotografia dipenda dell’influenza di tuo zio è così? O questa passione ha radici più personali?
In realtà si tratta di un insieme di cose. Quando ho deciso di iniziare a “fare fotografia”, il primo obiettivo era quello di diventare indipendente. Una delle strade più semplici sarebbe stata quella di lavorare nello studio di Giovanni Gastel, mio zio, ma non ho voluto partire da lì. Ho quindi fatto prima esperienza presso lo studio di fotografia di architettura e interni Sancassani e poi sono andato da mio zio. In queste prime esperienze ho vissuto direttamente il passaggio dall’analogico al digitale. Quando sono arrivato, Giovanni usava ancora il banco ottico e proprio in quel periodo si è convertito alla fotografia digitale. È stato bellissimo assistere a questo mutamento!
Nello studio di mio zio c’era anche l’ affascinante lato glamour del mondo della moda, che in parte ho assorbito.
Parallelamente alla vita quotidiana di assistente, inoltre, cercavo di fare lavori, gavetta (ho fatto di tutto: dai battesimi, ai matrimoni… agli eventi). Da un giorno all’altro ho poi capito che avevo una professione in mano, una professione che era una vera e propria passione. Quando la tua passione coincide con la tua vita, sai di aver trovato la tua strada.
Inizialmente, però, ero davvero insicuro, non avendo fatto scuole, ma basando tutto sull’esperienza. Dall’altro canto, se si studia e basta si rischia di fossilizzarsi troppo sulla tecnica. Facendo un percorso mio, forse ci ho messo più tempo ad acquisire sicurezza, ma quando ho capito cosa mi piacesse, ho trovato più facilmente un mio modo di vedere quello che ho attorno.
Cosa intendi per “mio modo di vedere”?
Io volevo trovare un modo mio, perché non mi accontentavo di far delle belle foto e basta. Avevo necessità di soddisfare un mio bisogno, di notare le cose intorno a me, quelle che mi davano emozione e cercare cosi di restituirle a chi guarda le mie fotografie.
Per me la fotografia, anzi, per me la vita in generale, è vivere con emozione.
In questo senso, l’esperienza da Giovanni mi è servita tantissimo: è stata breve e intensa. Al contrario, quei lavoretti che facevo alla lunga non mi davano più soddisfazione. La verità è che la routine mi ammazza e l’idea di cambiare è quello che mi dà stimolo!
Giovanni, al di là di essere un caro e adorato zio, è una persona di una generosità estrema. Lasciava usare ai suoi assistenti lo studio, quando lui non lo usava. Dopo un anno che ero lì, mi son fatto coraggio e ho chiesto se potevo approfittarne anche io. Mi sono messo alla prova e ho iniziato a fotografare un bicchiere con l’obiettivo di renderlo interessante fotograficamente. Dopo un po’ che cambiavo angolazione sistemavo le luci, ho però realizzato che stavo fotografando con il cervello di Giovanni, con la sua visione. Mi sono interrotto subito, e il giorno successivo gli ho detto che non volevo diventare una sua brutta copia: avevo imparato quello che potevo e dovevo prendere la mia strada. E così ho iniziato il mio percorso.
L’eredità morale di Luchino Visconti, tuo prozio, come l’hai sfruttata? Quanto ha influito il suo lavoro sul tuo?
Luchino è diventato il più famoso di questa famiglia, ma tanti di loro furono straordinari.
Su alcune cose io sono molto nostalgico, attento a quello che è successo, alle tradizioni familiari pur guardando al futuro. Sento molto le energie, vivo tutti i giorni pensando a chi c’era prima di me, anche a chi non ho mai conosciuto ma avrei tanto voluto, e fantastico anche su questo.
Da Luchino chiunque ha da imparare, ci ha lasciato una grande eredità morale ed estetica. Questa attenzione al dettaglio, questa estrema bellezza che quasi ti fa commuovere da quanto è vicina alla perfezione.
In ogni caso, in famiglia non è usanza sbandierare questa discendenza quindi non ci penso mai! Mia nonna infatti diceva sempre “Non bisogna vergognarsene, ma mai vantarsene!”.
Un’altra persona che è stata ed è fondamentale per me è mio padre. Mi ha influenzato molto, perché mi ha sempre detto che il segreto nella vita e’ osservare, osservare in silenzio.
Lui è stato un grandissimo disegnatore di tessuti, gallerista e collezionista un eclettico esteta!
Mi ha insegnato la precisione, la meticolosità, la ricerca del bello… la sensibilità al colore che io amo molto. E’ stato di grande ispirazione perché sono stato ore e ore a guardarlo quando faceva i disegni per i tessuti a mano.
Che cos’è per Guido Taroni la bellezza e come si manifesta?
Nella fotografia per me è una ricerca costante.
Quando una cosa e’ finalmente bella ai miei occhi allora la fotografo.
La bellezza viene da insieme di cose, da un equilibrio. Una fotografia deve essere bella al di là dell’epoca in cui è stata scattata, durare negli anni.
Le cose belle non passano mai di moda, quando una cosa è semplicemente bella lo è per sempre.
Ho un costante bisogno di ricercare la bellezza intorno a me, di vederla nelle piccole cose, tutti i giorni.
Con l’avvento degli smartphone e dei social tutti si sentono fotografi. Tu cosa ne pensi?
Al di là dello smartphone, anche i mezzi professionali sono diventati molto più accessibili. Di ciò mi sono accorto prima dell’arrivo degli smartphone. E quando mi sono reso conto che la fotografia stessa stava diventando ancora più accessibile ho lavorato molto alla ricerca di un modo di esprimersi che fosse mio.
A proposito di Instagram, la mia galleria rispecchia proprio il mio modo di vedere la vita. C’è chi lo fa per lavoro, mentre per me il lavoro è la fotografia. Instagram è stata una sfida in positivo: proprio perché c’è così tanto materiale che gira online e ci sono così tanti mezzi, bisogna andare in profondità e trovare un proprio modo di vedere quel che hai intorno.
Per quesi nove anni ho lavorato con una sola macchina e un solo obiettivo, e da li mi sono accorto che proprio l’occhio e il modo di vedere le cose fanno la differenza. Non è tanto la qualità della macchina, ma sono significativi il tuo occhio e l’inquadratura.
Come vivi il rapporto con il mondo della moda nel tuo duplice ruolo di fotografo e -si può dire?- modello?
Anche questo è stato per caso e divertente. Lavorando dallo zio, ho avuto i primi lavoretti come modello: mi vedevano in studio e chiedevano di me. Mi sono divertito un sacco. Noi Italiani veniamo presi come esempio, per il nostro modo di vestire, per come vediamo la vita, per le nostre tradizioni.
Il mio lavoro di fotografo, e il mio modo di vestire, direi semplice, italiano ma non noioso diverte anche i giornalisti e ha dato vita a questo mio “rapporto” con la moda.
Il viaggio è parte integrante del tuo lavoro. Immagino ciò dipenda sopratutto da una passione. Come è nata, se ho ragione?
Il viaggio ti apre la mente. Vedere nuove realtà e conoscer nuove persone è un forte stimolo, specialmente per uno come uno me che osserva tantissimo.
Osservo sempre ed è molto stancante!
E’ un po come avere photoshop integrato negli occhi. Ovunque guardo, penso “Ah, quel quadro è storto, lì va tolta la ragnatela, là si potrebbe ritoccare quel pezzettino di muro, devo nascondere quel filo, mamma mia quanta polvere là…” questo ovunque io sia, a casa mia, o in bici per Milano.
Osservo difetti e pregi di tutto quello che vedo.
In Italia e specialmente a Milano sto molto bene, è oggi una città coinvolgente e piena di vita, per questo amo viaggiare, ma sento sempre la voglia di tornare.
Guido Taroni e Instagram, anzi Guido Taroni e le storie di Instagram: se non avessi sfondato come fotografo, ti saresti dato ai musicals?
Ride. Amo, come ti sarai accorta, la musica. E’ parte integrante della mia vita.
Una bella voce e una bella melodia penso siano le cose che piu possano emozionare un essere umano!
Mi appassionano tutti i generi e inoltre adoro ballare!
Forse mi sarebbe piaciuto fare musica, per quanto non abbia provato. Ma uso costantemente la musica nella mia vita e ne traggo costantemente ispirazione.
Da quando ho scoperto che potevo fare queste storie su Instagram (che hanno molto successo), ho avuto modo di unire le due passioni, la musica e la fotografia (in movimento!).
L’intento quindi è quello di fare vedere contenuti validi in modo divertenti: piacerebbe anche a me imparare mentre vedo cose interessanti che mi suscitano emozione in un modo originale.
In quanto donne siamo curiose di sapere quali siano i tuoi progetti futuri.
Sta uscendo un libro abbastanza straordinario tutto con mie fotografie, sulle case e i giardini più belli di Tangeri. In questa occasione ho fotografato numerose case inedite. Il libro edito da Vendome e con co-autore Nicolò Castellini è interessante sia da un punto di estetico, sia da un punto di vista culturale. E’ straordinario dal punto di vista degli interni, 300 pagine di fotografie: finalmente è diventato una cosa tangibile!
Un’altra piccola anticipazione. Sto preparando un grande progetto sull’Africa, dove sono ora per la terza volta e poi … potrò finalmente svelarvi di che si tratta!!
Quando si nasce con un “occhio” speciale, bisogna prendersene cura. E così ha fatto Guido Taroni, che lo ha educato al bello e con lui sta percorrendo tutte le strade della fotografia.
Grazie a lui abbiamo compreso come questa sia un’arte fatta sì dell’uso sapiente del mezzo, ma sopratutto della consapevolezza del proprio occhio, della propria visione del mondo. Perché l’opera d’arte è costruita dal modo di vedere dietro l’obiettivo.
Caterina Pascale Guidotti Magnani