Lana di cane: i filati fatti con amore alla Fattoria La Rocca
Del loro amore per gli animali ne hanno fatto una passione: Giulia, Alessandro e la Lana di Cane!
Il vostro lanificio è speciale per molti motivi, ma quello che più emoziona e incuriosisce è la Lana di Cane. Raccontateci com’è nata l’idea di filare il pelo del cane trasformandolo in morbida lana.
La nostra grande passione nasce proprio dalla lana di cane.
Nel 2011 andammo a vivere insieme e poco dopo decidemmo di prendere un cane. In passato Alessandro aveva avuto un Akita Inu; quando scoprimmo che al canile di Macerata ce n’era uno con una brutta storia di abbandono, decidemmo di prenderlo. Eravamo consapevoli che non avremmo passato tanto tempo insieme perché aveva otto anni e mezzo. Ci dissero che era un cane feroce e aggressivo, l’unico che mangiava fuori dal box altrimenti aggrediva gli operatori del canile, lo portammo a casa. Con noi rinacque sia nel fisico che nello spirito, era sempre di buon umore tanto che la gente ci chiedeva se fosse un cucciolo, ora mi commuovo nel suo ricordo.
Dopo tre giorni dal suo ingresso a casa decidemmo di fargli un bagno, lavando via lo strato di sporcizia che esternamente aveva accumulato in due anni di vita in canile. In quell’occasione ci donò generosamente due chili e mezzo di pelo cominciando una muta che durò circa tre mesi in cui ogni sera lo spazzolavo per un’ora e mezzo. I cani nordici hanno molto sotto pelo, e lui non fu da meno.
Ogni sera raccoglievo il pelo infilandolo in sacchi neri, con l’intento di buttarli a fine muta; ma poi non fui in grado di farlo, perché erano così morbidi che decisi di farne dei cuscini. Presto mi accorsi che le fibre erano talmente sottili, si insinuavano tra le trame della federa rendendo i cuscini pelosi e, quando ti appoggiavi, fuoriusciva il pelo. Decisi di buttarli, ma Alessandro mi disse che in Alaska il pelo di cane si fila da qualche secolo e aveva dei vaghi ricordi di sua nonna che filava a mano.
Presi da un raptus di follia ci documentammo e comprammo un arcolaio dell’ottocento. Con questo attrezzo d’epoca, grazie ai tutorial di youtube e alla testardaggine di Alessandro, prova e riprova ci siamo filati questo pelo di cane con l’intento di farci un cappellino e una sciarpa, perché sapevamo che Asaki non sarebbe rimasto a lungo con noi.
Questo manufatto oggi è esposto nel nostro museo, ma allora eravamo ignari di quello che sarebbe successo.
Sono convinta che ricevete molte richieste da chi ha la fortuna di condividere un tratto della propria vita con un amico così speciale! Io stessa, qualche anno fa, se avessi conosciuto la vostra splendida realtà, avrei richiesto di trasformare il pelo dei miei cinque cani in lana e oggi ve ne sarei sicuramente grata. Ma qual è il procedimento per realizzare soffici matasse di lana di cane? E quali sono le caratteristiche che rendono il manto di un cane adatto alla filatura?
Accadde che mettemmo su Facebook le foto del cappello con la sciarpa e fummo tempestati da condivisioni di gente che chiedevano come avevamo fatto. C’era chi aveva un Siberian Huski e voleva un gomitolino. Insomma prima gli amici, poi è stato un tam tam di bocca in bocca. Nel frattempo Alessandro che lavorava nel sociale con i bambini disabili, perdette il lavoro, io lavoravo in un ufficio come consulente.
Dopo un mese dalla pubblicazione delle foto ci telefonò un signore dalla Sicilia che aveva un chilo e mezzo di pelo del suo cane, un Akita Inu già deceduto, aveva messo da parte il suo pelo con la speranza che un giorno qualcuno lo filasse. Sembra quasi un film, ma successe proprio così e lui è stato il nostro primo vero cliente.
A quel punto regolarizzammo la nostra attività con un servizio di filatura di pelo di cane conto terzi e aprimmo un sito che inizialmente era molto semplice. Così cominciò la nostra avventura, con un chilo e mezzo di pelo di Akita impiegammo un mese, non avendo mai filato e a mano per di più, l’emozione fu grande come la paura di sbagliare.
Realizzammo i gomitoli, li spedimmo in Sicilia e successivamente ricevemmo le foto del bellissimo gilet che la moglie aveva confezionato.
Ci scrisse delle lettere a penna: avevamo coronato il suo sogno, finalmente aveva trovato in Italia qualcuno in grado di realizzare il suo desiderio più grande visto che all’estero la pratica è poco diffusa.
Grazie a un passa parola soprattutto nel mondo della cinofilia, allevatori, persone con cani di razza, gente benestante, in 4/5 anni fummo letteralmente sommersi da peli di cane e di gatto, provenienti da tutta Italia e dall’estero.
Divenne un lavoro a tutti gli effetti e per dieci anni filammo con l’arcolaio dell’ottocento. Filavamo per 12/13 ore e i sacchi di pelo continuavano ad arrivare da tutta Italia. La gestione fu difficile tanto che negli ultimi 4/5 anni davamo un’attesa di circa 12/15 mesi. Chi non ha mai visto filare a mano difficilmente può capire cosa significa il lavoro che c’è dietro alla realizzazione del prodotto finito, ma andammo avanti lo stesso cercando di far capire in cosa consisteva il nostro lavoro.
Nel 2016, in concomitanza con il terremoto, da Fermo dove abitavamo, decidemmo di trasferirci sui monti Sibillini, dove avevamo comprato casa, con l’intento di far crescere i nostri figli, perché nel frattempo ci eravamo sposati e avevamo avuto due figli. Volevamo vivere in un posto più a misura di famiglia, immerso nel verde e sognavamo di avere una fattoria con più animali.
Il primo terremoto fu un imprevisto che rallentò i nostri progetti. Noi però andammo avanti lo stesso, tanto che a fine 2018 riuscimmo finalmente ad aprire la Fattoria e comprammo le nostre prime tre pecore. Lavoravo come consulente, lavoravo la lana di cane fatta a mano e pian piano realizzavo quello che oggi c’è a Rocca di Montefortino. Un percorso culturale per far comprendere alle persone come si arriva a un filo che sia di cane, di pecora, di lino o di cotone e il processo di lavorazione delle fibre tessili.
E’ un ambito poco conosciuto, perciò c’è una passeggiata culturale dove si può visitare il museo con gli attrezzi rappresentativi per ogni fase di lavorazione delle fibre tessili. Molti sono funzionanti essendo gli stessi che usavamo per la lana di cane, come l’arcolaio dell’ottocento esposto nell’angolo del laboratorio iniziale. La visita consente di apprendere come nasce un filo partendo dall’orto delle piante tintorie; questo perché la lana delle delle nostre pecore sopravissane la tingiamo con le piante che coltiviamo e inoltre si visitano gli animali.
Nella nostra Fattoria si può vedere come nasce un filo partendo dall’animale, arrivando al filo, colorarlo e farne un indumento.
Il procedimento per realizzare la lana di cane è lo stesso che si fa per la lana di pecora, di capra, di alpaca e di qualsiasi altra fibra. La difficoltà maggiore è che la fibra della lana di cane è più corta della lana di pecora, capra e alpaca; quindi la torsione che va data per arrivare al filo è maggiore, perciò bisogna saperlo fare. Il procedimento è identico.
Parlando della lana di cane, noi riusciamo a filare tutto, perché abbiamo impostato l’attività sull’aspetto emotivo, infatti produciamo la lana di cane solo per i proprietari che vogliono un ricordo del proprio animale.
Non produciamo un filato commerciale della lana di cane anonimo, ma facciamo la lana del tuo cane.
Qualcuno la richiede indipendentemente dalla qualità del risultato finale, ma solo per avere un ricordo di grande valore affettivo. Tra l’altro facciamo un’etichetta con la foto e il nome del cane di cui proviene la fibra. Qualcuno la tiene solo per ricordo, senza realizzare un manufatto.
Abbiamo fatto lane di qualità elevatissima, soprattutto provenienti da cani nordici come gli Alaskan Malamute, Samoiedo, Siberian Aski, Akita Inu.
Sono cani con un folto sotto pelo, soprattutto se vivono all’esterno e risentono della stagionalità tra inverno estate, inverno primavera; producono un sotto pelo molto sottile e lanuginoso per isolarsi dal freddo. Da loro si ricava un filato di alta qualità. Tanto che una volta abbiamo sottoposto al giudizio di un esperto in fibre, il filato ricavato dal Samoiedo, chiedendogli se sapeva di che lana si trattasse ed era molto indeciso tra il Cashmere e l’Angora. Questo per dire quali sono le razze di cani da cui si ricava un prodotto ad alti livelli.
C’è anche la possibilità di realizzare capi di abbigliamento?
In realtà molti dei nostri clienti ci chiedono i gomitoli perché poi a casa realizzano in autonomia: il cappello, la sciarpa, il maglione; ma se ci viene richiesto arriviamo anche al prodotto finito. Collaboriamo con delle signore del posto che a mano, ci realizzano gli indumenti seguendo il modello attraverso una foto che il cliente ci manda.
La vostra Fattoria ospita un gregge domestico di razza Sopravissana certificata, pecore autoctone in via di estinzione; avete creato inoltre un museo delle antiche tradizioni di filatura.
Da tutto ciò si evince la vostra grande passione per quello che fate. Quali altri progetti avete per il futuro?
Siamo felici che si capisca che la nostra passione è veramente enorme. Altrimenti non avremmo messo in gioco tutta la nostra vita, la nostra casa, la vita dei nostri genitori; abbiamo fatto tutto con le nostre forze, perché nessun ente pubblico ha creduto in noi.
Oggi in Fattoria non filiamo più solo a mano. Abbiamo dei macchinari, un impianto della lavorazione di fibre proveniente dal Canada che tesse anche la fibra del cane.
E’ stato un investimento molto grande, fatto da poco, perché abbiamo acceso i macchinari il 10 gennaio 2021. Dobbiamo ancora riprenderci sia finanziariamente e sia dal punto di vista dell’impegno fisico e mentale, soprattutto con i bambini ancora piccoli e i genitori lontani. Non vogliamo diventare un’industria ne diventare ricchi. Vogliamo fare quello che ci piace godendoci i nostri figli, la famiglia, il posto in cui viviamo che è favoloso; continuando ad invitare le persone a visitare i monti Sibillini, perché il nostro piccolo museo, il sentiero del filato, le passeggiate culturali, attira molti visitatori sia dalle Marche che da fuori.
Questo è il nostro progetto per il futuro, continuare a fare quello che stiamo facendo, facendolo bene e in tranquillità.
Carla Zanutto