La bellezza secondo Federico Catta
A tu per tu con Federico Catta che ci svela il suo ideale di bellezza nel mondo della Chirurgia Plastica.
Federico Catta, classe 1987, è noto ai più per il suo profilo Instagram: The Lonely Goathered. È molto seguito anche su Facebook, dove con ironia racconta le sue giornate e condivide i più svariati pensieri. Forse non tutti sanno che, nella vita vera, Federico è un medico. Si sta specializzando in Chirurgia Plastica e -mentre lo intervisto- si trova a Parigi, dove si è trasferito da qualche mese per studiare e lavorare.
Visto da fuori, il mondo della Chirurgia Plastica sembra costituito da “ritocchini” e corpi finti. Ma non è così. Dietro c’è molto di più, ci sono anni di ricerca e studi in medicina, di cui chiediamo al Dottor Catta.
La scelta della specializzazione in Chirurgia Plastica da cosa è nata? È un interesse che ti porti dietro da tanto, o è maturato nel corso degli studi in Medicina e Chirurgia?
Si può dire che la scelta di far il medico e quella di far il chirurgo plastico siano maturate contemporaneamente. Soprattutto negli anni del liceo mi sono spesso immaginato a far il medico, in particolare il chirurgo; ho, inoltre, sempre pensato che la Chirurgia Plastica avesse delle caratteristiche adatte a me, quindi ho iniziato il mio percorso di formazione con questa consapevolezza. Pur esplorando altri settori -sempre in campo chirurgico- sono poi tornato alla scelta iniziale, cioè quella della Chirurgia Plastica in cui mi sto specializzando.
Perché dici che la Chirurgia Plastica ha delle caratteristiche adatte a te? In cosa si distingue dalle altre specialità?
Anche se è una una disciplina giovane, nata nel Novecento e sviluppatasi negli ultimi decenni, può esser considerata la più chirurgica delle chirurgie: spesso i pazienti, al di là delle problematiche che hanno (cioè più serie legate alla ricostruzione, o il semplice desiderio di modificare il proprio aspetto), non hanno criticità legate all’urgenza. Ciò permette un approccio nel quale la finezza del gesto e del risultato sono cruciali, quindi in questo senso è la più manuale delle chirurgie e, appunto, la più “chirurgica”.
Quella Plastica è molto varia, perché opera in diversi distretti, può essere assimilata a una Chirurgia Generale della superficie incontrando e completando le competenze di pressoché tutte le altre specialità chirurgiche. Ha, però, anche aspetti assolutamente peculiari rispetto alle altre discipline del bisturi. In molti casi ha un enorme impatto sulla qualità della vita. Richiede inoltre un approccio particolarmente empatico con il paziente, che non sempre è richiesto in altre specialità con analoghe modalità.
Quali sono i parametri, se così si possono definire, della donna perfetta e cos’è la bellezza per un chirurgo plastico?
Dal mio punto di vista i parametri per definire un uomo o una donna perfetta non esistono. Quello sulla Bellezza (con la B maiuscola ndr) è un discorso molto dibattuto: c’è chi la considera oggettiva e chi la considera soggettiva. Comunque la vogliamo vedere o definire credo che usare parametri oggettivi sia un errore per un chirurgo plastico, perché porta inevitabilmente a sbagliare le valutazioni sulle attese. C’è sempre una componente di percepito, cioè quello che percepisce il paziente di sé stesso, ma anche quello che percepisce la comunità (che non va affatto trascurato: la nostra superficie è l’interfaccia che abbiamo con il mondo) e ciò che percepisce il medico che opera.
© Federico Catta
Ovviamente, esistono dei parametri oggettivi definiti dalla devianza rispetto alla popolazione media, come le orecchie a sventola in età pediatrica. Bisogna quindi mediare fra questi aspetti, rispettando innanzi tutto la visione che il paziente ha di sé stesso. Il punto in cui apporre i limiti dei propri modelli estetici è assolutamente oggetto di discussione e in genere si valuta caso per caso: non esistono corpi perfetti e la chirurgia non deve crearli. La perfezione non esiste in natura e non deve esistere nella Chirurgia. Questa dà degli strumenti per correggere e migliorare difetti percepiti come limitanti per l’individuo. È su questi che bisogna agire. Non si modifica il proprio corpo per esser perfetti e non lo si fa con la leggerezza di chi vuol far un cambio (per quelli ci sono i colori dei capelli, i vestiti, il make up e altri escamotage).
La Chirurgia Plastica sembra sinonimo di donna e invece anche molti uomini ricorrono ad essa. Perché esiste ancora questo stereotipo?
Quando si parla di Chirurgia Plastica si pensa all’estetica e quando si parla di estetica si pensa alla donna. Nella nostra cultura tradizionalmente è sempre stato così, anzi: nella nostra specie. Sappiamo infatti che tra gli animali spesso è il maschio che si fa bello per essere seduttore.
Nel Novecento si è assistito a un mutamento sociale in cui i ruoli si sono mischiati e l’emancipazione femminile ha portato a una sorta di pareggiamento dei ruoli. Se da un lato la donna ha acquistato più spazio, dall’altro l’uomo si è trovato nella posizione di rendersi appetibile per l’altro sesso e quindi a considerare la cura del corpo non più una “debolezza”, ma una necessità.
La gente vede il ricorso alla Chirurgia Plastica come un vezzo, ma non è sempre così. Anzi! Quali sono i casi in cui è necessaria?
La Chirurgia Plastica non è mai una chirurgia salvavita, ma si rende necessaria nel momento in cui i pazienti hanno subito mutilazioni o modificazioni del corpo (o per incidenti o per conseguenze di malattie). Questo è un problema che appare secondario, se ragioniamo in termini di patologia organica, ma diventa una preoccupazione primaria per il benessere psico-fisico del paziente, per il suo rientro in società e per la ripresa delle normali attività. Questi elementi, infatti, sono assolutamente imprescindibili in un approccio moderno della cura, quindi in questa ottica la Chirurgia Plastica si rivela necessaria.
Un esempio? La ricostruzione del seno post mastectomia, cioè in caso di tumore, è ormai considerata parte integrante del percorso di cura. Quella del tumore al seno è una patologia molto frequente che ha circa l’88% di tasso di sopravvivenza a 5 anni: per questo motivo curare donne, ma lasciarle con una mutilazione sfigurante come l’amputazione di una mammella non è accettabile in una società moderna. Nel senso stretto del termine, in questo caso la Chirurgia Plastica non è necessaria, ma viene avvertita come tale.
Da ciò si deduce come questa branca della medicina sia la tappa che in una cura impatta in modo più significativo la qualità della vita.
Ora parliamo del tuo profilo pubblico, quello dei social networks: l’immagine che hanno di te migliaia di followers. Quanto tempo dedichi a Instagram? E come lo gestisci?
Il mio profilo Instagram è nato tanti anni fa, in parte come scelta, in parte “naturalmente”, e ha sempre viaggiato su un binario parallelo rispetto alla mia professione.
Attraverso i social networks racconto tanto di me. Sono una persona molto visiva e attraverso le immagini do una impressione reale di quello che sono e della concezione che ho del mondo e della bellezza. Al contempo, però, escludo la parte più rilevante delle mie giornate che è quella professionale: non intendo mischiare le due cose.
Avendo una vita intensa e con orari molto poco flessibili, tengo le fotografie in una sorta di archivio e poi le pubblico su Instagram. Le metto on-line sempre in ordine cronologico, perché la mia galleria nasce e vuole rimanere un diario fotografico. In questa maniera tengo attivo il profilo, ma spendendo gran parte della mia giornata lavorando. Posto scatti sì recenti, ma talvolta fatti qualche giorno prima.
Le fotografie antiche delle tua famiglia: nelle didascalie racconti storie bellissime! Come ti è venuta l’idea di condividerle sul web?
Il discorso delle fotografie d’epoca nasce proprio da quello che dicevo poco fa: la mia vita professionale non lascia molto spazio alla fotografia, alla ricerca della bellezza e al ruolo della memoria. Per questo motivo ho deciso di condividere sui social networks anche questa parte di me. I racconti di mia nonna mi sono serviti come strumento: lei era una donna molto divertente e fantasiosa, che dava un taglio incredibile alle storie. Aveva la capacità di rendere straordinarie vite tutto sommato abbastanza ordinarie come quelle di zii, nonni e nipoti. Ho provato a trascriverle, unendole a un piccolo archivio fotografico familiare che ho la fortuna di avere. Il risultato è che ho postato le fotografie, con l’intento di non tradire lo spirito “leggendario” con cui mi erano state raccontate le storie. Che erano storie vere, di casa, alle quali era stato dato il taglio di straordinarietà che ho voluto trasmettere.
In qualche modo tra le fotografie che scatto io e quelle tratte dagli album del passato c’è un fil rouge, quello che vede e trova la bellezza in cose semplici, in cose di tutti i giorni.
Perchè la bellezza esiste nei dettagli, bisogna semplicemente armare gli occhi e cercarla. È tutto unico. Sta solo a noi trovare la bellezza nell’unicità delle cose. Le cose uniche sono tutte speciali e in quanto tali belle.
Caterina Pascale Guidotti Magnani