francesca piemontese
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Francesca Piemontese: Sommelier e Wine Influencer

Francesca Piemontese sommelier in Costa Azzurra e wine influencer nei social

francesca piemonteseFrancesca Piemontese

Ci racconta la strada percorsa per diventare prima Sommelier e poi wine influencer.

Francesca parlaci di te. Cosa ti ha portato a vivere in Costa Azzurra?

Sono di Villafranca di Verona. Tra le lingue che ho studiato al liceo linguistico, il francese mi ha permesso, attraverso un viaggio scambio proposto nell’ultimo anno di scuola, di scegliere la Costa Azzurra, precisamente Cannes. Ho avuto subito un imprinting meraviglioso con questa città. La sentivo mia, sentivo che mi apparteneva in tutto e per tutto, mi faceva stare bene. Così, dopo un anno, avendo nel frattempo conseguito il diploma, mi ci sono trasferita pur senza avere un euro in tasca.

Rammento che vendevo gli oggetti di casa mia, come la Wii per permettermi di fare i viaggi avanti e indietro.

Decisi di diventare ragazza alla pari. Era il modo più veloce per guadagnare dei soldi, avere una macchina e una casa dove stare.

Guadagnavo pochissimo, 250 euro al mese, però questo mi permetteva, occupandomi dei bambini, di imparare perfettamente la lingua, soprattutto lo slang della città che è molto diverso da quello che impari sui libri.

È un lavoro che spesso non viene riconosciuto; devo ammettere che tra tutti i lavori che ho fatto, è quello che mi ha trasmesso un senso di responsabilità immenso. Avevo tre bambini da gestire di cui una bimba di quattro mesi, poi tre e sei anni.

Lascio immaginare come dovevo giostrarmi su tutto, cucinavo, lavavo, stiravo e poi gli impegni dei bimbi come portarli a scuola, andare a calcio, insomma facevo la qualunque a qualsiasi ora no stop. Sinceramente questo lavoro lo rifarei assolutamente, mi ha dato tanto ed è questo che mi ha portato a vivere in Costa Azzurra.

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Quando è nata la tua passione per il mondo dell’enologia e quando hai capito di voler diventare una sommelier?

Dopo un anno, allo scadere del contratto di lavoro come ragazza alla pari, decisi che era arrivato il momento di prendere in mano la mia vita e tracciare il mio futuro. Così mi sono ritrovata a lavorare in un ristorante che vendeva hamburger e cose del tipo americane.

Dopo due anni ero diventata la responsabile, ma dentro di me sentivo che c’era qualcosa che non andava. Tornavo a casa e mi chiedevo dove mi stava portando questo lavoro, cosa in realtà stavo imparando. Rammento un episodio in particolare che è stato a suo modo significativo, mentre un cliente mi chiedeva la cottura della carne ho pensato:

“posso accontentarmi di questo invece semplicemente di sapere se vuole la carne al sangue o ben cotta?”

Insomma non avevo più stimoli. Così decisi di lasciare questo lavoro, ma il mio capo non voleva che me ne andassi. Essendo anche il proprietario di un’enoteca proprio di fronte al ristorante e che ovviamente conoscevo, mi propose un nuovo lavoro in questo locale.

Gli dissi che non avevo nessuna competenza sul mondo del vino e, otre tutto, era un mondo che non mi attirava. L’enoteca era frequentata da una clientela molto diversa da quella del ristorante.

Infatti  servivo praticamente in canottiera con tutti i tatuaggi esposti e, sinceramente, non mi vedevo a dover indossare la camicia, insomma non era il mio genere. Tuttavia scoprii che in questa enoteca (ma in tutte le enoteche di Cannes in realtà)  si vendono i plateau di formaggi e salumi tipici, così gli feci una battuta:

“quelli te li posso fare in tempo record” .

Ero sicura di saperlo fare, perché prima di quel lavoro, avevo fatto la salumiera in un’osteria di Parma, sempre qui a Cannes. Praticamente affettavo come una macchina da guerra riempiendo plateau su plateau.

Fu così che mi mise alla prova dandomi un minuto di tempo e, dopo aver visto che avevo un buon livello di affettatrice, mi ribadì che tutte le mie titubanze a proposito del lavoro che mi aveva proposto, non gli interessavano. Licenziò la persona che aveva e l’indomani ero già al mio nuovo posto di lavoro.

Sostanzialmente fu per questo che oggi sono una sommelier. Cominciai a lavorare con un Maître Sommelier e subito rimasi affascinata nel sentir parlare degli aromi. Mi iscrisse a un corso privato e tutti i giorni un insegnante sommelier veniva in enoteca a darmi lezione. In breve il professore si accorse che se mi insegnava dieci pagine, il giorno dopo io ne sapevo altrettante dieci.

Mi ero letteralmente innamorata di tutto quello che stavo studiando e fu lui che mi esortò ad iscrivermi a una una formazione più importante e diplomante.

Fu così che mi iscrissi alla scuola di Antibes Franck Thomas FORMATION. Intrapresi una preparazione con uno dei migliori Sommelier d’Europa. Questa scuola della durata di due anni, mi ha cambiato tutta la vita, perché esula dall’essere una scuola di modello tradizionale.

Mi ha dato una formazione profonda con tecniche innovative come la degustazione geosensoriale e la degustazione intuitiva. Sono cose che non si trattano nelle scuole di altri Paesi e ti permettono di entrare in diretto contatto con il messaggio del vino. Facevamo scrittura giapponese, yoga, teatro, giochi ideati per noi dal fondatore della scuola.

Questa formazione ha cambiato il mio modo di essere. Da lì è cominciata la mia passione e il mio lavoro che ho sempre svolto a Cannes girando di enoteca in enoteca.

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Che caratteristiche deve avere un buon sommelier?

Penso che un buon sommelier sia qualcuno che riesca a trasmettere l’anima, il messaggio, il racconto del vino mettendosi nello stesso piano con il suo interlocutore.

Capita che qualche sommelier si senta al di sopra di ciò che sta raccontando, ma stiamo parlando in realtà di una bevanda e devi saper adattare il linguaggio con la persona che ti trovi difronte.

Mi hanno sempre insegnato di creare delle immagini mentali.

Ad esempio se io vendo a un cliente una bottiglia di vino e dico che deve avere degli aromi fermentativi piuttosto che degli aromi terziari, potrebbe sentirsi intimorito e ignorante, soprattutto se a fianco ha la sua donna.

Per me invece il fulcro è proprio quello di riuscire a trasmettere con parole semplici e quotidiane, raccontando delle immagini di quello che tu percepisci nel vino.

Invece di dirti che il vino ha aromi fermentativi, ti dico che questo vino mi ricorda la tarte tatin che faceva la mia nonna, mi ricorda il suo profumo che esce dal forno, capisci che c’è un impatto emozionale molto diverso e il cliente ti dirà che quel vino lo deve assolutamente assaggiare. Ho anche convertito delle persone astemie a bere vino con questa tecnica, quindi devo dire che funziona.

Sostanzialmente questa è la caratteristica principale per essere un buon sommelier, unita all’essere un bravo oratore con una buona dialettica e del savoir faire.

Il vitigno a cui sei particolarmente affezionata?

Il vitigno a cui sono più affezionata è il Chardonnay Bourguignon.

Ho avuto modo di assaggiarlo in tutte le sue sfaccettature e mi regala sempre forti emozioni nonostante sia lo stesso vitigno, in Borgogna, ad avere tantissime sfaccettature diverse.

Inoltre quando ho concluso la scuola per sommelier, il nostro professore ci ha aperto la sua cantina facendoci degustare un eccellente Chenin che conservava da anni: è stato un impatto non da poco.

Forse dovrei parlare di stili di vino a cui sono affezionata. Allora dovrei parlare di agricoltura, sono pro all’agricoltura biodinamica, pro ai vini naturali purché siano fatti bene.

La scuola che ho frequentato mi ha portato su questa strada che è difficile da abbandonare perché il vino ha un sapore diverso, ha un’anima diversa, un messaggio diverso più puro e sincero rispetto a un vino convenzionale.

Per stili di vino amo gli orange wine, ne sono patita, malata.

Gli orange wine sono vini straordinari, con un contrasto che non sai se sono aromi da vino rosso o vino bianco. In realtà sono vini bianchi macerati e molto particolari, inoltre sono anche più digesti rispetto a un vino tradizionale.

Wine influencer su Instagram e TikTok, che rapporto ha con i social?

È iniziato tutto per gioco come per la maggior parte delle persone nel periodo della pandemia.

Avevo capito che la cosa non si sarebbe risolta in un mese e, chiusa in casa a Verona, essendo una persona pigra che se mi lasci in divano è finita, mi sono rimboccata le maniche.

Mi sono detta che se non potevo fare il mio mestiere fisicamente, volevo farlo virtualmente.

Così con il terrore della telecamera, perché mi vedevo stupida, brutta, non sentendomi all’altezza e pensando che era tutto sbagliato, ma anche con la disperazione della situazione non lavorativa, pubblicai il mio primo video.

Inizialmente i mi piace erano dieci, tipo mia mamma, mia zia, mio fratello.

Devo tanto a mia mamma che, pur essendo notoriamente una persona pessimista, mi ha supportata tantissimo, esortandomi a non scoraggiarmi e continuare a pubblicare altri video.

Siccome sono innamorata persa di mia mamma, l’ho ascoltata finché è nato il video che è diventato poi virale, portandomi i follower che ho adesso.

Con i social ho un rapporto di distacco, è difficile da spiegare, se non devo pubblicare video su Instagram il telefono non lo prendo nemmeno in mano.

Perché mi crea angoscia vedere quante sono le persone che stanno aspettando qualcosa da me.

Angoscia anche perché se i tuoi ultimi video sono arrivati a un milione e poi l’ultimo pubblicato ha fatto ottantamila visualizzazioni, non capisci dove hai sbagliato.

Quando ho iniziato nessuno faceva video didattici di formazione sul mondo del vino e poi ovviamente sono sorti i miei competitor.

Ho dovuto fare i conti con questo fenomeno e ciò mi ha portato ad avere ulteriore angoscia vedendo spesso i miei video copiati.

Oltretutto per come sono fatta, mi demoralizzo perché penso: è più bella, più brava di me, sa più cose, ha più esperienza. Ogni volta mi massacro per non sentirmi mai abbastanza!

Così ho cercato di improntare tutto sulla simpatia, sul mio accento veneto per invogliare di più all’ascolto.

Tik Tok per me è meno importante, sono consapevole che qui gli utenti sono più giovani. I miei contenuti sono dedicati a una fascia di età più adulta.

Hai qualche consiglio da dare a chi vuole intraprendere la strada per diventare sommelier?

Sicuramente di fare una buona formazione. C’è così tanta parte teorica e tecnica che vuoi o non vuoi devi sapere.

A proposito di questo, è appena uscito il mio corso online nel quale ho riunito tutte le mie esperienze e le mie formazioni, cercando di renderlo come io avrei voluto che le persone mi spiegassero le cose. Ci sarà una formazione di base e poi tanta degustazione.

In questo lavoro bisogna lasciar andare la paura di non saper riconoscere quel vitigno, non riuscire a ritrovare quell’aroma, altrimenti rimarrai sempre allo stesso livello.

Anche al tavolo devi essere sveglio e spigliato, altrimenti le persone non ti ascoltano. Sostanzialmente devi abbattere la timidezza con il pubblico, perché questo è il lavoro del sommelier: saper trasmettere il racconto del vino che viene dal coltivatore, dalla cantina, dall’enologo al cliente. Questo è un po’ raccontare una storia e per esserne capace serve tanto allenamento.

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Francesca che progetti hai per il futuro?

Come ho già detto il mio corso di formazione online è un progetto per il mio futuro.

Ho pensato tanto prima di realizzarlo, temevo che nessuno si iscrivesse e di trovare delle critiche da parte di qualcuno.

Invece adesso l’ho realizzato e sono concentrata sul corso che di particolare darà una formazione che dura nel tempo.

Le persone che acquisteranno il pacchetto, nel prezzo, troveranno sempre nuovi contenuti di aggiornamento.

Praticamente sarà sempre vivo e vibrante, un vero e proprio investimento.

Pensando al mio futuro oggi potrei anche fermarmi di lavorare fisicamente, attualmente sto lavorando in un hotel a 5 stelle sulla Croisette a Cannes.

In realtà quello che mi piacerebbe in questo momento è di accrescere la consapevolezza su me stessa, tanto da potermi dire Francesca sei pronta a vivere solo del virtuale nel mondo social. Ma lo sarò mai?

Non lo so. So solo che in realtà sono una persona che ha bisogno dell’essere umano e quindi temo che a lungo andare questa cosa potrebbe stancarmi.

Carla Zanutto 

 

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