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Interviste

Barbara Appiano, la scrittrice visionaria e anticonformista

Barbara Appiano, la scrittrice visionaria e anticonformista sempre in prima linea a favore della natura.

Barbara Appiano: una personalità forte, una penna prolifica e instancabile che nella sua biografia si descrive “famosa sconosciuta che non vuole essere riconosciuta”.

Barbara Appiano
ph di Barbara Appiano

Si definisce “produttrice di cultura”, ma qual è oggi la funzione dello scrittore, il suo ruolo di intellettuale di guida che traccia la strada della bellezza alle nuove generazioni?

Lo scrittore oggi è un artigiano della scrittura, che lavora operosamente in silenzio evitando il chiacchiericcio della mediocrità. Posso immaginare lo scrittore come un demiurgo di platonica memoria che lavora alla realtà come una scultura vivente in continua mutazione, senza mai dimenticare di raccontare la verità.

Barbara Appiano, io penso che gli scrittori autentici che cercano e raccontano la verità siano i veri artisti, e penso gli artisti veri che vivono di sublimazione senza cercare di compiacere siano una rarità. Lo scrittore che sente la scrittura come una fonte inesauribile di bellezza, vive secondo natura il protocollo della semplicità.

La verità è la sola che non ha bisogno di apparire, la verità è solo se stessa sempre. Le parole di un libro debbono narrare la verità come in un viaggio che non ha mai un capolinea, ma solo stazioni di sosta. Lo scrittore è un viandante che non fa l’autostop perché per scrivere della verità è necessario fermarsi, osservare, immaginare e poi ripartire.

La nuove generazioni hanno bisogno di bellezza che non è lo smartphone, il social e la competizione alimentata dai mezzi perversi della tecnologia che ci vogliono spiati dalla mattina alla sera.

Bellezza non è il botulino che ci vuole sempre giovani, perché invecchiare è un diritto sacrosanto.

Bellezza è libertà, scevra da ogni schema precostituito che ci vuole tutti uguali. Solo la bellezza e la libertà possono renderci felici. 

Così come la natura che è Dio immanente nelle cose, ecco lo scrittore è questo testimone di bellezza scevra da ogni condizionamento. Una forma altissima di libertà che permette all’animo umano di tendere alla sua dimensione di essere divino, perché noi siamo divinazione e lo scrittore parlando la lingua della bellezza lo dice con i libri. 

Le nuove generazioni pensano di condividere l’amore attraverso i social, nulla di più sbagliato. Io assisto all’impoverimento dell’anima, all’apatia. Per essere felici basta un mi piace.

Barbara Appiano, lei si occupa a 360 gradi di argomenti scottanti, inquinamento, disboscamento delle foreste, estinzioni degli animali in ogni angolo della terra, perché? Vi è un collegamento fra il suo sentire che è lotta contro il mondo che lei chiama “di plastica” e la verità che lo scrittore e l’artista in genere sublimano senza compromessi?

Non potrei non occuparmene, fanno parte della mia essenza più pura, l’anima. Non potrei voltarmi dall’altra parte mentre la natura viene devastata in ogni maniera da noi che siamo dei predatori per eccellenza.

Inquinamento, discariche abusive, malattia tumorali che stanno crescendo a dismisura per il nostro modo innaturale di vivere e poi ancora animali che per il nostro cieco egoismo vengono trucidati.

Penso allo sfruttamento dei cavalli da corsa dopati e poi “rottamati nei macelli”, ai levrieri, cani stupendi sfruttati nelle corse e poi anche loro rottamati, agli orsi uccisi, ai lupi, ai cuccioli di foca bastonati sulla testa per non rovinare la pelliccia. Oppure agli elefanti cui mi sento legatissima perché penso che nelle mie numerose vite precedenti sono stata una di loro. Anche al giaguaro condannato nel pantanal amazzonico ad avere sempre meno habitat, alle gru della Manciuria cacciate che rischiano l’estinzione. 

Non dimentico i beni monumentali, le biblioteche ormai dimenticate e sostituite dalle cattedrali del consumismo, i centri commerciali. Io personalmente li “abolirei” perché sono la rappresentazione della solitudine. 

Sono una scrittrice scomoda. Ma seppur perseguitata da maldicenze di varia natura, resisto come un guerriero che combatte in quello che crede. Io credo nella potenza incommensurabile della scrittura.

Mi succede di subire pressioni, ma io mi sento forte nel mio modo di essere e non potrei mai immaginarmi diversa da quello che sono.

Senza memoria siamo nulla e il nulla al momento sta tentando un contagio da guerra batteriologica. Quindi bisogna fermare il nulla della vana gloria, della vanità fine a se stessa, per riscoprire il valore dell’essere autentici senza retorica.

Lei devolve parte dei suoi ricavati a delle associazioni che si occupano di ricerca, natura, bellezza. L’Istituto Oncologico Europeo-Centro Cardiologico Monzino – ricerca oncologica e cardiovascolare – e Pengo Life Project, ci può spiegare perché e di che cosa si occupano esattamente.

Si io devolvo è perché il dono della mia scrittura non è mio ma di colui che me l’ha consegnato con destinazione sociale. Vuole dire che io ho gratitudine per i medici dell’Istituto Oncologico Europeo centro cardiologico Monzino di Milano -per la ricerca oncologica e cardiovascolare .

Hanno curato la mia amatissima mamma per tanti anni, consentendomi di godere della sua presenza per me eccezionale per tutto il tempo che la malattia non l’ha aggredita.

La ricerca è un servizio di umanità, che aiuta tutti indistintamente. Senza ricerca non ci sarebbe sopravvivenza alle malattie e in questo le nuove generazioni devono imparare a donare.

Anziché dare la paghetta settimanale ai figli, i genitori dovrebbero insegnare a donare a coloro che silenziosamente senza riflettori accesi, lavorano per la salute di tutti. 

Il Pengo Life Project è un progetto italiano che combatte attraverso la divulgazione il problema gravissimo del bracconaggio che sta minando la sopravvivenza degli elefanti africani, dei rinoceronti ma anche ultimamente dei leoni, delle giraffe, insomma della fauna selvatica africana che è di tutti, anche di coloro che abitano a migliaia di chilometri di distanza.

I suoi libri sono surreali con i piedi piantati per terra, queste sono parole sue, che cos’è il surreale e l’immaginazione, e che cosa possono fare oggi per destare le nuove generazioni alla riscoperta del libro?

I miei libri sono delle visioni dove il surreale è la chiave di volta di una realtà molto complessa.

Una realtà in cui giocano un ruolo fondamentale il coraggio di raccontare, come in una fiaba, che cosa siamo su questa terra di cui abbiamo ormai colonizzato ogni centimetro quadrato libero, rubando territorio ad altre creature che hanno pari diritto di stare in un rapporto di buon vicinato con noi, se non fosse che siamo noi a non capire che cosa sia un rapporto di buon vicinato.

Oltre a questo io penso che siamo noi ad essere surreali oltre che “ridicoli” perché ci copriamo letteralmente di cose inutili.

Siamo mentalmente sovra strutturati e ciò comporta la perdita di capacità di sognare. I miei libri sono definiti romanzi di formazione per il messaggio di verità e riflessione di cui sono messaggeri. 

Un ruolo fondamentale nella sua vita di pioniera della scrittura alternativa lo ha avuto sua mamma Giovannella La Gianduiotta, ci parli di lei e perché oggi è così presente nei suoi libri.

Mia madre è stata una persona eccezionale, dotata di acume straordinario, riusciva a mettere insieme cose, elementi diversi, era un’amalgama di creatività e ragione, dove la ragione era sempre migliore, costruire, vedere oltre la banalità dell’ovvio.

Era una persona di umile estrazione contadina, ma possedeva il dono della forza degli umili, di coloro che non si arrendono perché la vita li ha forgiati contro le intemperie di ogni sorta.

Mia madre è stata e sempre sarà un’anima bellissima perché possedeva la bontà dei giusti.

Lo dico pensando a quello che ha fatto in vita per tante persone che nemmeno conosceva oltre che avere fatto per i suoi figli. Una donna coraggiosa, diretta, ma giusta.

Mi ha insegnato la generosità , lo slancio e l’immediatezza del gesto autentico di chi vuole donare. Io non sarei diventata ora quello che sono senza i suoi insegnamenti.

Mia madre è stata una donna che ha rinunciato alla vanità di donna per essere madre prima di ogni cosa, un sacrificio, un amore grande che non vedo nelle nuove generazioni. Forse perché era di un’altra epoca, ma sicuramente una donna che per amore dei suoi figli ha rinunciato anche a risposarsi visto che è rimasta vedova quando ancora era giovane. Io devo tutto a mia madre, lei mi ha insegnato il valore della libertà che non è mai in vendita.

Barbara Appiano: Che cosa le piace del mondo?

La contemplazione e il senso di appartenenza che mi suscita un tramonto, una tempesta con la sua furia. Mi piace pensare che esistono ancora coloro che per difendere un’idea lottano per l’affermazione di un ideale che non può essere messo in vendita. 

Mi piace pensare che nel mondo vi sono da qualche parte persone che silenziosamente e senza clamore operano per la verità senza ambire al successo, che come disse Pasolini è l’altra faccia della frustrazione e crea un ossessione continua. Questo io lo vedo in coloro che senza telecamere accese accessoriate da sorrisi di plastica che io dico fa la ginnastica con il nostro ego, non si sentirebbero “normali “.

Ma essere normali, come sosteneva mia madre, è un lusso da conquistare con la forza della semplicità. Mi domando perché nessuno vuole essere semplicemente se stesso. Perché invece la tecnologia cerca di dominarci e renderci tutti uguali.

Barbara Appiano, che cosa non le piace?

Non mi piace la banalizzazione pericolosa della cultura, l’estetizzazione della mediocrità che si compiace nel diventare “cultura”.

Non mi piace l’accanimento terapeutico dei trilli dei telefonini che ti dicono chi ti sta cercando così da poter scegliere di non rispondere, mentre un tempo prima dell’avvento di sua Maestà il telefonino diventato poi “smart phone” qualificato quindi come essere pensante, se il telefono di casa suonava si rispondeva al buio senza sapere chi ti stava cercando.

In questo io ci vedo la pianificazione della nostra vita che parte anche dallo scegliere se rispondere o no al telefono.

Non amo chi grida alla genialità di qualcuno perché raccomandato da Dio il quale non raccomanda nessuno.

Sono per la meritocrazia apolitica che è una risorsa per tutti.

L’Italia ha bisogno di tanta meritocrazia che esiste “nascosta” in attesa di uscire in tempi migliori. La meritocrazia è la forza di un paese, è la prova che il merito non teme invidie. 

Non amo sapere che si diano stipendi miliardari a calciatori, atleti, attori, presentatori, mentre coloro che scoprono una cura contro una malattia rara o un tumore inguaribile vivono di un semplice stipendio. In questo penso che medici, scrittori, artisti che promuovono bellezza, libertà, salute, debbano avere un riconoscimento al pari di coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo.

A tal proposito mi ricordo di un aneddoto, James Joyce era molto povero e non aveva i soldi per comprare le scarpe a sua moglie. Così quando la moglie usciva di casa lui dava a lei le scarpe. Io ci vedo in questo un atto di anticonformismo eccelso, una forma di libertà senza vergogna. Chi oggi farebbe una cosa simile? Quando noi le scarpe, fatte nei paesi low cost, dopo due o tre settimane le buttiamo perché non ci piacciono più. Ovviamente James Joyce patì la miopia della sua epoca e oggi, tutti in coro dicono della sua grandezza, senza sapere che non aveva i soldi per comprare un paio di scarpe.
Le scarpe buttate sono una prova del consumismo dilagante che ci vuole vedere tutti obbedienti al consumo ininterrotto di cose.

Non mi piace assistere alla distruzione della famiglia, allo sfruttamento del corpo femminile. Non mi piace vedere che sono ancora poche le donne che occupano posti di comando, non mi piace immaginare che si possano fabbricare bambini come bambolotti in uteri in affitto e in questo solo le donne possono fare qualche cosa, perché sono le donne che mettono al mondo i figli.

Che cosa pensa dei tanti libri che escono tutti gli anni, pensa che tutti coloro che scrivono abbiano talento, oppure il mondo ormai è diventato un contenitore per ambiziosi che mirano solo a mettersi in mostra?

Non credo che gli oltre 50.000 o forse di più titoli che escono ogni anno siano tutti ben scritti, con buoni soggetti insomma confezionati ad arte per essere opere letterarie eccelse. Penso che il mercato dell’editoria debba ritornare ad essere selettivo per promuovere il merito e non il profitto.

Diversamente l’editore puro deve ritornare ad essere un artigiano cacciatore di talenti veri, altrimenti è destinato ad estinguersi ingoiato dalla potenza economica dei grandi gruppi che comprando tutto pensano anche di comprare la bravura, la quale per esistere non deve vivere nel lusso e nelle comodità.

La storia insegna che i più grandi capolavori letterari sono nati da menti geniali che tutto erano tranne ricche. Pensiamo soltanto ai paesi dell’America Latina, al carnevale brasiliano alla sua ricchezza di colori. Il Brasile è un paese immenso ricchissimo di risorse eppure con città i cui quartieri hanno case che sono in realtà baracche favelas.

La ricchezza non è il denaro è la potenza della creatività che non è soggetta e meno male alla corruttela del denaro.

La creatività è un impulso potentissimo della mente. Più la mente vive drammi personali o sociali, rielaborandoli per sopravvivere al dolore, trasforma il dolore stesso in un opera d’arte, pensiamo per esempio alle tragedie di Shakespeare.
Se io non avessi vissuto in altro modo senza i tanti drammi che mi hanno accompagnato, forse non avrei scritto e non scriverei i libri surreali. Questa per me è arte autentica.

Che cosa pensa della televisione e che cosa pensa dei libri?

La televisione è nata dopo il libro. Il libro è parola letta, pensata, sublimata attraverso l’evocazione delle parole che scorrono lente sulle pagine, ma che parlano. Il libro è un viaggio che puoi fare sempre, puoi rileggere le stesse parole molte volte e tutte le volte trovare significati diversi, perché il libro è l’immaginazione a 360 gradi.

La televisione è una forma di comunicazione in cui noi subiamo le immagini senza poterle scegliere.

La televisione potrebbe essere madre, ma per ora è matrigna. Noi subiamo la televisione con tutte le sue immagini, le subiamo senza poter in qualche modo interagire perché la televisione sceglie per noi e in questo diventa un’educatrice.

Il libro lo scegliamo, lo acquistiamo magari in libreria e non nel supermercato accatastato vicino alle lavatrici in promozione a rate. 
Più librerie, meno supermercati, più libri, meno telefoni, più televisione consapevole.

Ha paragonato lo stato “agonico del libro” ad un hot dog, ci può spiegare che cosa vuole dire?

Si, io ho paragonato il libro ad un hot dog. Perché il libro è orfano di suo padre, l’editore. E’ come un terremotato senza casa perché lo hanno collocato su uno scaffale di un supermercato vicino a deodoranti, pannolini, detersivi, mentre lui di casa sta nelle librerie che hanno subito il terremoto delle multinazionali che volendo sostituirsi ai librai hanno inventato la vendita on line del libro.
Io in questo ci vedo l’agonia del libro, la morte dell’editoria produttrice di cultura. 

Si definisce una lavoratrice socialmente utile sostenendo che lo scrittore è parimente importante quanto l’amministratore delegato di una banca, piuttosto che un idraulico, un medico, un falegname, un avvocato e in ultimo un becchino, ci spieghi perché lo scrittore dovrebbe avere attenzione e un ruolo così come quello delle altre funzioni che lei cita.

Lo scrittore è un intellettuale che fonda la vita sulla coscienza, sulla differenza fra il bene e il male.  Lo scrittore in questo ha un ruolo più importante di un amministratore delegato, si chiama educazione, formazione. Penso che in questo il banchiere non possa proferire parola e debba starsene in coda.

Senza educazione, etica, l’uomo è al palo e mi pare che noi ci stiamo arrivando. Abbiamo disimparato l’amore e abbiamo delegato i social a dire “ti amo” in modo virtuale si da non toccare e sentire il dolore vero ne la gioia. In questo gli animali sono più bravi di noi, penso al mio cane quando mi saluta con la coda, un atto di spontaneità unico.

Lei dice spesso che non ama che le scrivano “mi piace ” se a lei non piace. Che cosa vuole dire piacere agli altri e cosa vuole dire raccogliere consenso? E’ una responsabilità il consenso?

Non cerco di piacere, in questo ho scelto di essere completamente libera, e non soffro se non piaccio a qualcuno perché ritengo che sia importante che ognuno possa essere libero di piacere o non piacere senza con questo rinunciare alla propria libertà di pensiero.

Che cosa chiede alla classe politica attuale del Paese?

Di riscoprire la funzione educativa e di formazione che lo scrittore ricopre anche se ormai più nessuno lo dice.

Un tempo vi erano i romanzi di formazione, ora ci sono i romanzi rosa e sfumati con i vari grigi dove si vuole far passare per talento l’ovvietà.

Ciò vuole dire abbassare il senso critico del lettore che si disabitua all’impegno della lettura.

I libri autentici sono necessari in un epoca come questa in cui tutto è immolato verso la finzione fisica, estetica e mentale. Una finzione che vuole sostituirsi alla verità, per diventare immortalità. Penso, ad esempio, all’atto di arroganza umana nel creare in laboratorio esseri clonati, oppure alla finzione della giovinezza su un volto maturo, un orrore senza fine.

Chiedo alla classe politica del mio paese di formalizzare ufficialmente la funzione dello scrittore come educatore, addetto alla formazione culturale delle future classi dirigenti. 

I suoi libri di denuncia sono molto reali spaziando dalle discariche abusive, al disagio mentale, allo sfruttamento nel mondo del lavoro, al bracconaggio degli elefanti e alla conservazione della natura, anche se la narrazione è fiabesca e sono stati giudicati romanzi di formazione intergenerazionali, Barbara Appiano lei è una scrittrice anticonformista che non ama le etichette, ha mai subito pressioni o è stata emarginata per gli argomenti che tratta?

Si ho subito l’emarginazione che al contrario di quanti possono pensare i miei detrattori, mi ha potenziato il talento e la forza di continuare nella missione, creare un mondo possibile dove i sogni sono la realtà di un mondo da migliorare. Mai avere paura.

Avere paura vuol dire morire, assomigliare agli altri vuole dire scomparire.

Progetti futuri in cui esprimere l’amore per il mondo, la solidarietà e la salvaguardia per la natura?

Un libro in particolare uscirà dopo l’estate il titolo “Tutto in una vita , tutto in un minuto” è la storia di un borgo di nome Saletta, una frazione di Amatrice, cui mi sono affezionata, spesso vado alle loro iniziative finalizzate alla ricostruzione del borgo dove passa la via Salaria, l’antica via del sale che gli antichi romani utilizzavano per il trasporto del sale.

“TUTTO IN UNA VITA TUTTO IN UN MINUTO “ è la voce del terremoto che ha devastato Saletta. Il terremoto si umanizza e fa ritornare in vita i 21morti di Saletta, morti il 26 agosto 2016. Il terremoto chiederà perdono a Saletta e i 21 morti ritorneranno per dire come ricostruire. Il mondo si sposterà a Saletta, crocevia di tradizioni della migliore Italia possibile.

Il Libro avrà in 4 di copertina il logo del comitato “RICOSTRUIAMO SALETTA” ,nato dalla necessità di ricostruire il borgo perduto e il logo del gruppo DONATORI SANGUE della presidenza del consiglio dei ministri con cui collaboro.
I DUE LOGHI RAPPRESENTANO L’ITALIA MIGLIORE E IL RICAVATO DEL LIBRO E’ COMPLETAMENTE DEVOLUTO ALLE DUE ASSOCIAZIONI NO PROFIT.

Il secondo progetto è legato al libro in stesura “DIGHE E CASCATE FINCHE’ CI SARA’ SETE”.

La protagonista è l’acqua che trascina un capodoglio moribondo sul litorale di Milazzo. Un biologo, Carmelo Isgrò, decide di salvarlo e non riuscendoci smonta la carcassa dell’animale per arrivare alla verità della sua morte, una morte provocata dalla plastica.
Carmelo Isgrò, diventa nel mio libro un condor delle Ande umanizzato che parlerà all’umanità gridando l’allarme della natura. Il capodoglio nel romanzo è Capitan Nemo e il condor umanizzato si chiama Raggio Verde che è la rifrazione della luce che diventa verde nella zona della barriera corallina quando la temperatura dell’acqua è superiore a quella dell’aria.

Il progetto legato alla storia del capodoglio si chiama SISO PROJECT ed è un progetto che vuole ricordare Siso, diminutivo di Francesco, amico di Carmelo che morì il giorno dopo la morte del capodoglio.

Il libro sarà il testimonial del MUSEO DEL MARE che a Milazzo avrà luogo in alcuni locali del CASTELLO DI MILAZZO.

SISO PROJECT è coadiuvato dalla trasmissione TGSETTIMANALE DI RAI TRE.

Della scrittrice Barbara Appiano la recensione del suo libro “La solitudine del Giaguaro”

Carla Zanutto

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